“Nella semplicità di quello sguardo, nello splendore di quel sorriso, ti chiesi un bacio e tu mi donasti amore”.
Si chiude così il libro fotografico di Marco Alfredo Bressan. Sono partita dalla conclusione, perché è qui che ho trovato la sintesi di un lavoro che definirei, senza troppi giri, autentico e vivo.
L’ho incrociato per caso in una vineria, la Drogheria Plinio, qui a Milano, dove erano esposti suoi scatti appartenenti all’intenzione, risalente al 28 aprile 2011, di immortalare chi fosse marchiato da tatuaggi. La prima fu la sorella. Sorella con compagno. E un’unica canottiera. Entrambi disegnati sulla pelle ed entrambi in posa perché rimanessero eterni loro e non solo i loro segni.
Sara&Riccardo
E dopo quello scatto Marco ci ha preso gusto a ritrarre quei tratti d’inchiostro e chi li indossava, spiegando evidentemente a questi ultimi che la filosofia sarebbe stata il quotidiano, non l’artefatto, il vero, non il finto, la sostanza non l’apparenza. Perché io questo ho scorto nelle immagini prive di colore, i difetti della bellezza, una piega del corpo, l’assenza del trucco su un volto, un naso importante, un petto non depilato, il segno del costume, le mutande in vista. Questa crudezza mi ha affascinato e in questa genuinità ho trovato il segreto. E la bellezza.
Melissa
Alessandra
Accanto ad ogni foto c’è la parola data al protagonista, la spiegazione di come abbia iniziato a tatuarsi, o magari la mancanza di un qualsiasi fatto che l’abbia motivato, del come ci si sente senza spazi bianchi, o se si vogliono riempire i restanti. Ci sono, in conclusione, dei volti, e i loro racconti, in parole e sulla pelle. Il segreto è stato “dedicarsi” all’obbiettivo di Marco che li avrebbe ritratti col cuore.
Ci è riuscito emozionando.
Un enorme grazie a Marco.
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